L'uovo

15.07.2020

Un uovo può suscitare strane idee, aveva letto da qualche parte. Ne bollì uno lunedì mattina, liscio, duro, compatto. Ma al posto di mangiarlo ci disegnò sopra una faccia sorridente. Lo lasciò così fino a sera, quando, rincasato, lo dispose accanto a un piatto di fagioli e cicoria. Non lo consumò nemmeno stavolta, perché i legumi lo avevano saziato e perché gli dispiaceva infrangere col tergo del cucchiaio una siffatta giovialità. Lo lasciò sul tavolo e andò a dormire. I tegumenti sobbolirono inquieti: le viscere dovevano ancora abituarsi alla loro digestione.

Il giorno dopo l'uovo lo accolse assonnato, con la tazza di caffè in mano. Anche l'uomo lo guardò e gli sorrise. Non aveva fame. Prese una mela con sé e uscì di casa. Al ritorno l'uovo era ancora lì, l'inchiostro del pennarello opacizzato e definitivamente compenetrato nel guscio. Ormai non avrebbe più potuto mangiarlo come se nulla fosse, pensò apprestandosi a preparare la cena. E tra un boccone e l'altro si trovò a carezzarlo con l'indice in disuso, apprezzandone la perfetta levigatura. Il colore non era così dissimile da quello della pelle umana. Valutò allora che col rosso e il giallo, dando poi di bianco e aggiustando di terra d'ombra, avrebbe potuto dipingerlo. E così fece, piuttosto rapidamente, su una piccola tela. La appese in camera e andò a dormire.

Mercoledì, il giorno del messaggero degli dei. Il primo pensiero del mattino fu che avrebbe dovuto prendere una decisione: o mangiare l'uovo o accettare che iniziasse un'irreversibile decomposizione. Che fare però poi? Sarebbe arrivato il momento in cui lo avrebbe dovuto buttare, o, più dignitosamente, visto quell'innegabile connessione che ormai si era instaurata, seppellire sotto terra. Non era meglio allora mangiarlo? Si sentì d'improvviso in un vicolo cieco. Qualunque scelta avrebbe comportato un sacrificio o un rimorso. Non lo avrebbe mai dovuto comprare. Ma era lì. Nella sua vita, sul suo tavolo, col sorriso stampato in faccia e pure immortalato sul comò. Come dimenticare tutto questo? Come tornare indietro? O fermare il tempo?

Poteva solo decidere come andare avanti. Buttarlo o mangiarlo. Mangiarlo o buttarlo. Trangugiare quel volto che gli aveva sorriso, come un rozzo cannibale, o sprecarlo, lasciarlo intatto, illeso e però inutile come il più infimo dei rifiuti. La sua mente stava per percorrere questa seconda strada di annessi e connessi, quando l'uovo, preso in mano, da quell'angolatura parve con una sorta di corruccio accusarlo di far quel gesto solo per paura. Che magari fosse già andato a male, che gli potesse procurare qualche fitta allo stomaco, anche peggio dei fagioli. Ancora, parve esternare chiaramente che, in ogni caso, sottoterra non ci voleva proprio andare.

Benché con ritrosia, più per dover tornare su una decisione che sembrava presa che per altro, l'uomo lo sgusciò allora con le mani, delicatamente. L'aspetto turgido lo invitò, l'odore era pulito. Si sentì perso, senza più scuse. Fu allora che l'uomo scelse di nuovo, abbandonò la mente ai suoi meandri e ogni resistenza, e si arrese alla bontà del gusto.

Marica Romolini - Cultura, pensiero e società
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