Cantici e creature. San Francesco.

02.10.2020

Il 1224 è l'anno di nascita della letteratura italiana. Chiaramente il volgare non sostituisce il latino da un giorno all'altro: l'ascesa al rango di "eloquenza" è un lungo percorso, che ha i suoi semi nel lontano impero romano, quando il parlato inizia a discostarsi dallo scritto, approda su preziosa pergamena nell'800, con l'indovinello veronese e vari documenti a seguire, e ha una svolta decisiva nel XIII secolo, quando l'accoglienza nella tradizione letteraria lo eleva a lingua. 

Non è un caso che accada in un momento in cui la necessità da parte della Chiesa di riconquistare i fedeli, scontenti della corruzione e tentati dalle dilaganti eresie, passa anche attraverso un potenziamento della comunicazione. Di qui il successo dei frati predicatori, che a differenza dei monaci benedettini diffondono la parola di Dio restando a contatto con la gente. I domenicani quindi e poi i francescani, quando il figlio di Pietro Bernardone rinuncia all'eredità paterna per vestirsi di un saio che lo renda povero tra i poveri, attirando subito una schiera di seguaci desiderosi di vivere quell'ideale ben oltre gli intellettualismi.

La letteratura delle origini è dunque di marca prevalentemente religiosa e spesso ricorre alla forma melodica della lauda. Ciò non implica naturalmente un'uniformità di toni. In Jacopone da Todi, per esempio, seguace della linea rigoristica degli spirituali, il disprezzo della sfera fisica è assoluto. «O Signor, per cortesia, / manname la malsanìa!» è l'invocazione iniziale di una famosa lirica, a cui succede un elenco di mali terribili e scabrosi: dalla tisi al mal di denti (immaginatelo senza analgesici), fino alla dissenteria e alle emorroidi. E dopo la morte? Cosa meglio di «un ventr'i lupo» in «sseppultura» e «l'arliquie en cacatura»? Sì, avete capito bene: Jacopone si augura di diventare escremento di lupo deietto tra i cespugli.

Anche nel Cantico delle Creature è tirata in ballo la morte, ma il sentimento sotteso a quei versi è agli antipodi e se anch'essa viene chiamata sorella è solo perché l'amore per l'interezza del creato comporta la sua accettazione, come parte integrante del ciclo della vita. Non c'è nessuna aspirazione autopunitiva insomma, bensì lode per tutte le forme del mondo che manifestano, pur nella loro terrestrità, la grandezza di Dio. Si è discusso del valore della preposizione "per" che cadenza i versi: «per sora luna e le stelle», «per frate vento», «per aere et nubilo et sereno et onne tempo», «per sor'aqua», «per frate focu», «per sora nostra matre terra», «per quelli ke perdonano per lo tuo amore / et sostengo infirmitate et tribulatione», e quindi, per successione di idee, anche «per sora nostra morte corporale». Per i più si tratta di un'accezione causale, ma può altresì significare "per mezzo di", se quando parla di «frate sole» dice che il Signore «allumina noi per lui», cioè attraverso di lui. 

Le due interpretazioni non si escludono necessariamente a vicenda, anzi direi che si integrano nel creare un movimento biunivoco, in cui si loda l'Altissimo perché ci ha dato tutti quegli elementi e lo si fa attraverso l'amore e la cura verso di essi. L'esistenza del fuoco è dunque un segno di Dio sulla terra e al contempo lo stupore per la bellezza delle sue fiamme si fa preghiera. La fisicità di ciò che è e di ciò che accade è dunque un mezzo per elevarsi alle «tue sanctissime voluntati», entro la cui incommensurabile grandezza va rivalutato anche l'ineluttabile disgregarsi del nostro corpo individuale.

Molti secoli dopo, proprio nella francescana La Verna, saranno composti versi che ricordano questa celebrazione degli elementi primi. Dino Campana, poeta orfico, scrive nel Ritorno:

L'acqua il vento

La sanità delle prime cose -

Il lavoro umano sull'elemento

Liquido - la natura che conduce

Strati di rocce su strati - il vento

Che scherza nella valle - ed ombra del vento

La nuvola - il lontano ammonimento

del fiume nella valle [...]

Dove, oltre alla concezione sacerdotale della poesia, torna anche la litania delle rime che conducono il fluire del discorso, che è fluire della natura e della vita.

Ma l'apertura agli animali, alle piante, alle minime espressioni dell'essere sono già in Walt Whitman, dove l'accoglienza si fa anche sociale, perché un'ecologia dell'ambiente non può prescindere da un discorso sull'equità dei suoi abitanti. Whitman insiste più volte, ancora in pieno Ottocento, sugli uomini e le donne alla pari, sul ricco e sul povero. Ci sono di nuovo tutti gli ingredienti base: il misticismo, la natura, il rifiuto delle teorie scolastiche fatte a tavolino, la serena consapevolezza della morte come fase ineliminabile della metamorfosi, la fratellanza con l'intero creato, la felicità e la beatitudine, la libertà del verso.

Qui la lezione profonda dell'accoglienza, senza preferenze né rifiuti,

[...]

Tutto passa e passo anch'io, ogni cosa passa e nulla può essere fermato,

Nessuno che non sia accettato, nessuno che non mi stia a cuore.

[...]

Credo che chiunque io veda debba essere felice.

[...]

Ora conosco il segreto di come si fanno le persone migliori,

Che è di crescere all'aria aperta, e mangiare e dormire in armonia con la terra.

E in piena armonia con la terra San Francesco volle anche morire, se, come racconta Dante nell'XI canto del Paradiso, si fece seppellire nudo nella nuda terra:

Quando a colui ch'a tanto ben sortillo

piacque di trarlo suso a la mercede

ch'el meritò nel suo farsi pusillo,

a' frati suoi, sì com'a giuste rede,

raccomandò la donna sua più cara,

e comandò che l'amassero a fede;

e del suo grembo l'anima preclara

mover si volle, tornando al suo regno,

e al suo corpo non volle altra bara.

E oggi? Quali sono le influenze di quel primo testo della nostra letteratura? Non tanto a livello formale, citazionistico, ma di rilettura che ne colga e vivifichi il senso più profondo? L'album di Angelo Branduardi dal titolo L'infinitamente piccolo, che traduce in note la storia di San Francesco, ne è un bell'esempio in campo musicale. E l'enciclica Laudato Sii di Papa Francesco, che non a caso ha tratto il suo nome da pontefice dal Santo, una testimonianza di come il suo messaggio ecologico sia oggi più che mai urgente. Non solo perché mette in relazione, con un'ampiezza di respiro senza tempo, umani, animali, piante, il nostro pianeta e le stelle dell'universo, ma perché lo fa ricordandoci l'unica motivazione che ci può spingere a salvaguardarli: l'amore meravigliato per il mistero dell'essere.

La lezione (per studenti delle scuole secondarie superiori) è ascoltabile gratuitamente su Spreaker.

Marica Romolini - Cultura, pensiero e società
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